domenica 21 giugno 2015

Un breve racconto

Parlando col mio moroso, è venuto fuori che aveva scritto un racconto (andato perso) partendo dall'incipit fornitogli da un sito. Mi sono incuriosita e sono andata a vedere questo incipit; devo dire che l'ho trovato abbastanza "scomodo", per non dir altro, tuttavia mi ci sono voluta cimentare pure io e qui di seguito lo pubblico.... non ne sono troppo convinta, devo dire la verità.


Fissava il foglio bianco dinanzi a sé , mentre, veloci, i pensieri ballavano nella sua testa. Vedeva le immagini prendere corpo per poi, come d’incanto, svanire in un momento, in un battito di ciglia. 
Il tempo passava, ma niente, nulla, non un solo pensiero si era chiarificato, strabuzzava gli occhi cercando di vedere oltre la fitta nebbia in cui era avvolta la sua mente. Vuoto. Stava per chiudere tutto, andare via, si era fatto tardi e cominciava a sentire i morsi della fame. Non aveva pranzato e, ormai, doveva essere ora di cena. Stanca e avvilita, si accingeva a spegnere il computer quando vide una figura venire verso di lei. Si materializzava ad ogni passo, testa alta e espressione fiera “Io sono Claudia” disse “mi stavi aspettando”.
Lei sobbalzò. Chi era questa donna? Sarebbe dovuta essere sola sul piano, tutti gli altri erano già andati via da un pezzo. Indietreggiò sulla poltrona a rotelle "Io non stavo aspettando nessuno, non conosco nessuna Claudia, né conosco te... chi sei?" e la osservò; aveva dei lunghi capelli color platino, mossi in morbide onde, enormi occhi azzurri, penetranti, che davano un senso di freddo lungo la schiena, un'infinità che ti risucchiava ed ingoiava, e un vestito bianco al ginocchio, privo di maniche. La sua prima reazione fu di scappare, ma al contempo si sentì inchiodata alla sedia, di fronte questa donna che di umano aveva ben poco, e altro non poté fare se non rimanere immobile, come in attesa.
"È vero, non ci conosciamo... hai invocato spesso il mio arrivo. Quindi posso dire tu mi stessi aspettando" Okay, questo stava diventando decisamente inquietante, chi era e cosa voleva? Avrebbe voluto alzarsi in piedi, per non sentirsi tanto oppressa dalla sua presenza, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu di indietreggiare ancora un po' "Com'è possibile se non so nemmeno chi diamine sei?!". La donna, Claudia, sospirò " Io so quello che ti passa per la testa, quello che desideri, quello che provi... infatti sono venuta a prenderti". Erica a quel punto balzò in piedi, non sembrava affatto un invito a bere qualcosa al bar quello, inoltre, aveva sentito bene? Sosteneva di sapere cosa le frullasse per la testa? Iniziò a tremare "Mi dispiace ma io con te non vengo da nessuna parte... E non è possibile tu sappia queste cose, nessuno legge nella mente... vattene, o chiamo la polizia....". L'altra chiuse gli occhi sospirando nuovamente, si passò una mano fra gli eterei capelli, quasi in contemplazione, e quando risollevò le palpebre posando il suo sguardo in quello di Erica, sembrarono più grandi, le iridi parevano dei vortici che ti trascinano nell'oscurità, i capelli si sparpagliarono tutti intorno alla sua figura, elettrici, mentre sulle spalle si aprivano due grandi, immense ali nere "Io? Io sono la morte."
Le si raggelò il sangue nelle vene "È uno scherzo di pessimo gusto questo...." ma nemmeno lei credeva nelle sue parole, aveva percepito il cambiamento nell'aria e quegli occhi sicuramente non stavano scherzando. Ormai era rasente il muro, più indietro non poteva andare, per scappare sarebbe dovuta passarle accanto, o comunque troppo vicino per i suoi gusti... fosse vero o meno quel che stava affermando, era ugualmente pericoloso ed improponibile avvicinarsi. Non aveva vie di fuga, non poteva che rimanere dove si trovava e vedere cosa sarebbe accaduto. 
La donna, l'angelo, il diavolo, la morte, qualsiasi cosa fosse, fece un passo avanti facendola automaticamente scattare indietro e conseguentemente sbattere la testa contro la parete "Non si tratta di uno scherzo, e sotto sotto te ne sei resa conto pure tu. Tu mi aspetti da tempo immemore ormai, tu ne ne vuoi andare.", Erica deglutì a fatica scuotendo la testa "Non so di cosa tu stia parlando", ma in realtà, fin da quando era bambina, lei.... "Fin da quando eri bambina tu volevi fuggire, sparire. E io sono venuta ad esaudire questo tuo desiderio". Si guardarono in silenzio per qualche secondo; avrebbe voluto ribattere, dire che non era vero, che aveva sbagliato persona, non si trattava di lei, ma era tutto vero, era così ed un nodo alla gola le impediva di negare. Si lasciò scivolare lungo il muro fino a finire seduta per terra, sguardo rivolto ad un punto imprecisato verso il basso "Fin da bambina avrei voluto scappare via dalla casa in cui vivevo, dalle persone che mi circondavano. Mi sentivo una vittima impotente... ". Claudia la guardava " Ti sentivi fuori posto", l'altra rimase in silenzio qualche secondo fissandosi le scarpe e poi rispose "Sì... col tempo ho iniziato a sentirmi fuori posto, inadeguata, sbagliata. Ho cominciato ad avere la sensazione che io non dovessi essere qui, di esserci capitata per errore ed essere costretta a rimanerci contro la mia volontà." mosse il piede quasi a scacciare un insetto, o un ricordo che non voleva rivivere, con cui aveva lottato a lungo perché non le ritornasse alla memoria. La morte interruppe il silenzio "Avevi dei sogni che non hai mai realizzato e ora sei infelice... ti senti incompetente. Vero?". Erica fece un un ghigno ironico "Ne sai di cose su di me..." 
"Te lo avevo detto che so chi sei e che mi stavi aspettando"
"Beh, comincio a crederti... ad ogni modo non sbagli. Mi ricordo che da bambina mi divertivo a mettere le mani nei capelli e fare acconciature, sognavo anche di fare la cantante, diventare una sorta di nuova Laura Pausini... per un po' ho anche immaginato di seguire le orme di mia madre e fare la contabile. Poi non so cosa sia successo, piano piano i miei progetti hanno cominciato a crollare come castelli in aria, ho cominciato a non crederci più." e sollevò gli occhi a guardare Claudia che intanto si era avvicinata, la paura era ormai svanita di fronte ad un sentimento molto più grande ed opprimente: lo sconforto. La creatura si chinò davanti a lei "La tua famiglia non ti ha aiutato..." le venirono le lacrime agli occhi, decisamente non lo avevano fatto "No... mio padre era un alcolizzato violento, che per un nonnulla mi prendeva a schiaffi, mia madre invece era spesso assente e comunque non interveniva mai, quasi indifferente. Sono cresciuta via via sempre più insicura, con la costante paura di sbagliare, con la crescente sensazione di essere un'incapace. Ho cominciato a sognare di andarmene, mi dicevo che al compimento della maggiore età avrei preso la patente e me ne sarei andata via per sempre, scappando il più lontano possibile, senza rivedere mai più i miei genitori. Ma la vita mi ha fatto ben presto capire che non è così facile; sono diventata succube delle mie paure, ho scoperto che i miei piani erano assurdi. Il mio disagio si è trasformato in mal di vivere; per quanto potessi dirmi che la vita è un dono prezioso di cui molti sono privati troppo presto, non potevo impedirmi, la notte, di stare seduta sul mio letto e pregare che qualcuno mi portasse via, che qualcuno mettesse fine a questa mia condizione di sofferenza, che un fulmine entrasse dalla finestra centrandomi in pieno. Sapevo che questo desiderio era sbagliato, mi sentivo in colpa, eppure ogni notte la cosa si ripeteva." cominciò a singhiozzare disperata, si sentiva così stupida, così frustrata, così male al solo ricordare.
"e ora?" le chiese la morte
"Ora faccio un lavoro che non mi soddisfa, il primo che mi sentissi in grado di svolgere nonostante l'inettitudine che mi attribuisco. Non sono contenta, le cose non sono migliorate con gli anni. Pur lavorando, devo comunque restare ad abitare con mio padre, che non fa che ripetermi quanto sono inutile." ormai aveva il volto inondato di lacrime, la vita le era talmente pesante... niente andava per il verso giusto, tutti i sogni si erano rivelate stupide illusioni, le speranze erano andate in frantumi. Era rimasta solo lei, in balia degli eventi, al contempo vittima e carnefice di se stessa. Claudia le posò una pallida e fredda mano sulla guancia "vuoi venire via con me?". L'aria nella stanza era diventata sempre più gelida e solo ora Erica se ne accorgeva, era colpa di Claudia o della finestra che era stata lasciata aperta da qualcuno? Che importanza poteva avere, comunque... la domanda giusta era: andare o non andare? Che aveva da perdere e cosa si lasciava alle spalle? Un lavoro che non le piaceva? Un padre che da piccola la picchiava e ora la faceva sentire un essere privo di scopo?
Si fissarono per qualche tempo mute e poi la morte si alzò in piedi " Se verrai, sappi che non potrai tornare indietro"
Lei era titubante " Farà male? Mi porterai per mano attraverso la luce? Mi farai bruciare con le fiamme dell'inferno?" la donna, l'essere, dai lunghi capelli platino si lasciò sfuggire il primo sorriso da quando era comparsa "Fiamme dell'inferno? Hai letto troppi libri, mi limiterò ad uno schiocco, e tutto sarà finito in un istante"
l'altra era scettica "Solo uno schiocco? E poi più niente?"
"Sì, proprio così. Allora, ci stai?"
Erica si passò una mano sugli occhi umidi ed arrossati e si levò in piedi. Peggio di così non poteva andare lo stesso "Sì" si limitò a dire.
Claudio alzò la mano destra e uno schiocco risuonò nell'aria.


Erica si svegliò di soprassalto. La finestra era aperta e il freddo le fece venire i brividi, di Claudia nemmeno l'ombra. Doveva essere stato solo un sogno. Davanti a lei il computer era andato in stand by e lei lo riavviò; le apparve la schermata bianca di word ed iniziò a scrivere

 《 Fissava il foglio bianco dinanzi a sé , mentre, veloci, i pensieri ballavano nella sua testa....

mercoledì 17 giugno 2015

Parlare è inutile

Parlare è completamente inutile, se una persona non vuol sentire, non vuol sentire e basta; non sentirà mai, qualsiasi cosa tu dica o faccia.
Devo smetterla, devo arrendermi a questo fatto. Io parlo, ci provo almeno, e mi innervosisco quando vedo che le mie parole avrebbero più senso se gettate al vento o scritte sulla sabbia. Mi arrabbio quando mi rendo conto di non essere ascoltata, quando quello che cerco di comunicare non viene nemmeno SENTITO, trattato come un mero rumore di sottofondo, non viene neanche elaborato dal cervello della persona cui mi sto rivolgendo.
Mi fa incazzare non essere capita, che mi venga data la ragione solo perché si pensa che io quella voglia avere, e basta, come se parlassi col solo scopo di sentirmi dire "hai ragione" e non perché voglio comunicare qualcosa. Come fossi una povera stupida da trattare con accondiscendenza. La verità è che proprio chi dice "hai ragione" con quel tono di merda che fa intendere tutt'altro è colui che pensa di essere nel giusto, talmente nel giusto da non abbassarsi a volgere il cervello a quanto gli viene detto e si limita a stoppare la cosa quella frase del cazzo, che tutto vuol dire tranne che il semplice significato delle parole in sé, ma piuttosto "stai sparando stronzate e non ho la benché minima intenzione rifletterci sopra, per quanto hai torto, per cui prenditi quello che probabilmente vuoi avere e sentirti dire, la ragione, e smettila di cagare il cazzo, tanto non ti ascolto, tanto stai blaterando senza sapere quel che dici. Non mi spreco nemmeno a rispondere, né, figuriamoci, a considerarti. So che hai torto tu e ragione io".
MA VAFFANCULO. FANCULO. FANCULO. FANCULO. FANCULO. FANCULO.
Perché dovrei parlare con gente del genere, perché dovrei ancora parlare in generale? Non ho voglia né la forza di sostenere un dialogo a senso unico, in cui parlo a vuoto, in cui devo incazzarmi perché non vengo ascoltata. io ODIO parlare.
VAFFANCULO.

Ispirazione passata

Ieri ero quasi ispirata a scrivere qualcosa, di carino per giunta, ma mi sentivo il cervello ovattato, facevo fatica a focalizzare gli occhi sullo schermo e, dopo un po' che cercavo di avviarmi, mi sono detta "bon... oggi o domani che differenza fa? Vado a letto e domattina, che non ho niente da fare lo stesso, faccio". Sì, come no, immaginatevi.... tutto passato, tutto finito. Non ho più voglia di scrivere quello che avrei scritto ieri, e lo sapevo, me lo sentivo, ma non sono comunque riuscita a costringermi a scrivere, per cui pazienza. È proprio vero che sono vittima impotente dei miei sbalzi d'umore.

Chissà che stasera non riesca a scrivere qualcosa... al momento sento questa giornata un po'.... strana.

martedì 16 giugno 2015

3 novembre 2012

Oggi aspettavo che giungesse l'ora d'incontro con mio padre seduta su una panchina e, non avendo nulla da fare nell'attesa, ho iniziato a sfogliare un quadernetto nato anni fa con l'idea di essere regalato, è divenuto poi una sorta di diario aggiornato un paio di volte l'anno. E mentre leggevo le varie pagine, sono finita su questa giornata, il 3 novembre 2012, scritta durante il mio soggiorno a Budapest... beh, volevo solo riportare una frase:

"mi sento un niente che affonda nel tutto..."

Ogni tanto mi stupisco di quello che ho scritto in passato e che rileggo col senno di poi, anni dopo, quando le cose sono cambiate, quando io sono cambiata...

sabato 13 giugno 2015

Voglia di tirare un calcio al cassonetto

Dopo essere stata portata sotto casa dal moroso ed essere scesa dall'auto, ho attraversato la strada e mi sono trovata di fronte a dei bidonim dell'immondizia; che voglia di tirar loro una pedata! Immensa. Non perché fossi arrabbiata, non con lui almeno, forse con me, ma perché mi sentivo frustrata all'ennesima potenza: messa alle strette, sono rimasta zitta, come al solito, ho subito il "fuoco nemico" senza contrattaccare né difendermi, ci si aspettava da me una risposta che non sono riuscita a dare, che forse non ho VOLUTO dare. Sapevo che erano cose che potevo solo mangiare ed inghiottire, inaccettabili, impronunciabili. Mi sono tirata un cazzotto in bocca mentale e, con la coda fra le gambe, ho continuato a stare zitta.
Ad ogni modo, questo calcio al cassonetto, non l'ho tirato; avrebbe fatto troppo casino, poi tuttora ricordo il pugno che ho tirato 5 mesi e mezzo fa, mi fa ancora male la nocca a fare certi movimenti o forza, non volevo correre il rischio di azzopparmi.
Io spero che anche il periodo nero sia finito, almeno momentaneamente (un lungo, lunghissimo momento) e di stare in pace con me e con gli altri per un po'. Purtroppo temo che il caldo mi farà incorrere nel peccato nuovamente, impazzirò di nuovo e cercherò di fare terra bruciata per l'ennesima volta.
Ho avuto modo di riflettere ho cercato di capire quale potesse essere, veramente, il mio problema... e chissà Dio che non ci sia parzialmente arrivata. Ahimè non mi piace ciò che ho trovato e mi sa che continuerò a cercare, o far finta per lo meno. Nel mentre mi ha pure assalito il desiderio di sistemare certe cose, di cercare di migliorare una conclusione che ha avuto luogo tempo fa e della quale non sono soddisfatta, ossia non mi piace il contesto e il modo in cui è avvenuta. Vorrei prendere la mia parte di responsabilità e potermi finalmente liberare di un pensiero...ma non so né come fare né se sia il caso.
Tu che magari stai leggendo, non si sa mai, potresti magari farmi un cenno??

domenica 7 giugno 2015

Un sabato sera indecente

Col moroso fuori città per qualche giorno, mi sono ritrovata il sabato sera senza sapere bene cosa fare.... Così, una mia amica mi ha invitata a casa sua. Se lo scorso sabato l'ho trascorso "marciando" da un bar all'altro, entrando in discoteca ed uscendone dopo mezz'ora perché la festa era un mortorio e rimanendo in auto, sotto casa, per tipo un'ora, questo sabato invece l'ho passato con una serata in tutta tranquillità con la mia amica: abbiamo mangiato pizza, cioè IO mangiavo la pizza e bevevo mentre lei sputava tutto quello che le finiva in bocca dal ridere, ho dovuto aspettare una vita prima che finisse di mangiare pure lei e potessimo così trasferirci in camera. Lì abbiamo provato a cantare e suonare Country road... abbiamo rimandato la performance a venerdì prossimo: faceva troppo schifo, poi non potevamo dare sfogo a tutto il nostro talento visto l'ora. Abbiamo guardato dei vecchi, antichissimi video, poi delle foto e intanto è nato in me il desiderio di fare una foto oscena... pensa e ripensa, volevo fare una semplice foto con me che indosso delle orecchie da coniglio e lei una mascherina da arlecchino, ma le orecchie non si trovavano ed intanto avevo adocchiato un berretto rosso... E allora ho preso una matita nera e mi sono tracciata delle linee sotto gli occhi, poi ho preso un elastico e ho fatto un codino osceno alla mia amica, poi ho tirato un fuori un foglio e con dei pennarelli ho iniziato a disegnare un improbabile pikachu che ho successivamente attaccato alla spalla, ho indossato il berretto rosso, una mucca sulla testa e impostato il timer della fotocamera del tablet : eravamo Ash e Misty
Non siamo davvero bellissime? ahahahahahahahah rido ogni volta che la vedo. Il bello è che mezz'ora dopo, nonostante avessimo fatto la foto, avevamo rispettivamente ancora il codino e il pikachu sulla spalla! Si vede che il caldo ci ha completamente fuso il cervello, il mio almeno. Visto che ormai comunque la nostra reputazione è già andata persa, l'ho pure pubblicata su facebook! Ma gli audio registrati di Country road li ho risparmiati, per il momento almeno... ci teniamo ad avere ancora qualche amico sul Social!!
E domani mare, sveglia presto! Sto solo aspettando che il cellulare si carichi....
Ciao ciaoooo