giovedì 19 novembre 2015

Alla ricerca di un sasso, perché di sabbia ne ho vista troppa

Uno dei miei problemi è che non riesco a lasciare andare le cose, non riesco a lasciar perdere, mi incaponisco. Mi aggrappo a queste cose non rendendomi conto che, la maggior parte di esse, sono meri granelli di sabbia, inafferrabili. La stretta sembra salda, ma al minimo movimento una parte se ne va, scivola via, scorre come un fiume, incontenibile. Ogni tanto fisso le mie mani e chiedo loro perché si ostinino a restare dei pugni serrati, nonostante sia evidente che i granelli fuoriescano, scappino, sfuggano dalle dita impossibili da riacciuffare.
Semplicemente non vogliono perdere quello che stanno stringendo, a prescindere da quello che è, che ne valga la pena o meno: rifuggono il senso di perdita, non vogliono sentirsi vuote. Le dita, una volta contratte, non vogliono più rilassarsi, forse anche per paura di scoprire che nel palmo non c'è nulla.
Così faccio io, trattengo le cose che ho ottenuto, che mi facciano male o che mi facciano bene, che abbiano valore o che non ne abbiano affatto. Odio l'idea di aver fallito, e ancora di più la sensazione di smarrimento e di incompletezza che mi assale quando lascio andare qualcosa. Ho il terrore di aprire la mano, di dare un taglio netto a qualcosa e poi pentirmi amaramente della mia scelta.
Sono terribilmente insicura e riflessiva, e per quanto tempo io possa spendere a pensare, sovente non arrivo a nessuna conclusione e rimango nel mio limbo, in balia degli eventi, lasciandomi trascinare dagli eventi e aspettando succeda qualcosa, qualcosa che a volte non succede e non succederà mai. Quindi si può dire io aspetti l'incerto e che per questo potrei benissimo morire di vecchiaia nell'attesa.
Sono una persona che normalmente odia il dubbio, voglio sapere, voglio tutto sia chiaro; tuttavia ogni tanto sono propensa al dubbio, all'ignoto, all'ignoranza: non voglio sapere, bensì voglio continuare a illudermi che qualcosa, un giorno, forse....
Per cui eccomi qua ora, dopo aver spremuto spremuto e spremuto, ad essere arrivata al succo della questione: continuare quello che mi piace o lasciarmi alle spalle ciò che non mi piace? Sì, sembra stupido, la soluzione dovrebbe essere : ti tieni quello che ti piace E lasci perdere quello che non ti piace. Ma io ho usato la congiunzione O, perché nel caso scegliessi di lasciar perdere quello che non mi va a genio, questo escluderebbe anche quello che invece gradisco assai, se invece optassi per quello che mi piace dovrei accettare anche il resto. Capite il dilemma?
Sono stufa della sabbia, è estenuante trattenere quello che per natura sfugge, è come voler afferrare un pesce a due mani nel torrente: è viscido, scivola, scappa e tu per le mani non hai niente. Voglio qualcosa di tangibile, voglio un dannato sasso, che posso maneggiare tranquillamente, e con cui posso andare in giro senza la paura di non trovarlo più, voglio sentire la sua presenza nel peso e percepirla al tatto. Voglio qualcosa di concreto una buona volta, qualcosa che non posso smarrire durante il mio cammino e che per natura non sia sfuggente.
Ecco cosa desidero nella mia vita, un sasso, perché di sabbia ne ho già avuta troppa. Sabbia maledetta, mi ha riempito le scarpe e le tasche, ma nelle mani non è mai rimasta.


Se anche stanotte non riesco a dormire, comincio a dare testate al frigo finché non svengo. Ora pure farnetico di sassi e sabbia, domani cosa toccherà?

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