domenica 29 novembre 2015

lol

Sono arrivata al punto in cui non so più se mi faccio più ridere io o voi che mi circondate e, mentre mi vien da ridere, sopraggiunge anche la voglia di piangere... e di nuovo: chi tra le due possibilità mi induce maggiormente alle lacrime?
La stupidità non l'ho mai sopportata, mi fa venire il nervoso, salire la rabbia... per questo ora non so più dove si trovi l'ago della bilancia; se reputo e

 addito gli altri come idioti, io mi ritengo la sovrana inconstata del regno dell'imbecillità. Se mi muovessi alla cieca forse prenderei strade migliori..sebbene tuttora si possa dire io cammini a caso.
Mi sento come su un'altalena, il mio umore sale verso il cielo e l'attimo dopo piomba verso il terreno; e non riesco a saltare giù, sono legata ed imbavagliata, in balia degli eventi o, peggio ancora, di me stessa.
Mi faccio ridere perché sono stupida, mi faccio piangere perché sono cretina. E odio la gente che alimenta questa mia sensazione, trattandomi di merda, facendomi sentire una beota e spingendomi a comportarmi da mentecatta.
Andate al diavolo e lasciatemi in pace, smettetela di insegnarmi come vivere e finitela di prendermi per il culo, son stufa.

giovedì 19 novembre 2015

Alla ricerca di un sasso, perché di sabbia ne ho vista troppa

Uno dei miei problemi è che non riesco a lasciare andare le cose, non riesco a lasciar perdere, mi incaponisco. Mi aggrappo a queste cose non rendendomi conto che, la maggior parte di esse, sono meri granelli di sabbia, inafferrabili. La stretta sembra salda, ma al minimo movimento una parte se ne va, scivola via, scorre come un fiume, incontenibile. Ogni tanto fisso le mie mani e chiedo loro perché si ostinino a restare dei pugni serrati, nonostante sia evidente che i granelli fuoriescano, scappino, sfuggano dalle dita impossibili da riacciuffare.
Semplicemente non vogliono perdere quello che stanno stringendo, a prescindere da quello che è, che ne valga la pena o meno: rifuggono il senso di perdita, non vogliono sentirsi vuote. Le dita, una volta contratte, non vogliono più rilassarsi, forse anche per paura di scoprire che nel palmo non c'è nulla.
Così faccio io, trattengo le cose che ho ottenuto, che mi facciano male o che mi facciano bene, che abbiano valore o che non ne abbiano affatto. Odio l'idea di aver fallito, e ancora di più la sensazione di smarrimento e di incompletezza che mi assale quando lascio andare qualcosa. Ho il terrore di aprire la mano, di dare un taglio netto a qualcosa e poi pentirmi amaramente della mia scelta.
Sono terribilmente insicura e riflessiva, e per quanto tempo io possa spendere a pensare, sovente non arrivo a nessuna conclusione e rimango nel mio limbo, in balia degli eventi, lasciandomi trascinare dagli eventi e aspettando succeda qualcosa, qualcosa che a volte non succede e non succederà mai. Quindi si può dire io aspetti l'incerto e che per questo potrei benissimo morire di vecchiaia nell'attesa.
Sono una persona che normalmente odia il dubbio, voglio sapere, voglio tutto sia chiaro; tuttavia ogni tanto sono propensa al dubbio, all'ignoto, all'ignoranza: non voglio sapere, bensì voglio continuare a illudermi che qualcosa, un giorno, forse....
Per cui eccomi qua ora, dopo aver spremuto spremuto e spremuto, ad essere arrivata al succo della questione: continuare quello che mi piace o lasciarmi alle spalle ciò che non mi piace? Sì, sembra stupido, la soluzione dovrebbe essere : ti tieni quello che ti piace E lasci perdere quello che non ti piace. Ma io ho usato la congiunzione O, perché nel caso scegliessi di lasciar perdere quello che non mi va a genio, questo escluderebbe anche quello che invece gradisco assai, se invece optassi per quello che mi piace dovrei accettare anche il resto. Capite il dilemma?
Sono stufa della sabbia, è estenuante trattenere quello che per natura sfugge, è come voler afferrare un pesce a due mani nel torrente: è viscido, scivola, scappa e tu per le mani non hai niente. Voglio qualcosa di tangibile, voglio un dannato sasso, che posso maneggiare tranquillamente, e con cui posso andare in giro senza la paura di non trovarlo più, voglio sentire la sua presenza nel peso e percepirla al tatto. Voglio qualcosa di concreto una buona volta, qualcosa che non posso smarrire durante il mio cammino e che per natura non sia sfuggente.
Ecco cosa desidero nella mia vita, un sasso, perché di sabbia ne ho già avuta troppa. Sabbia maledetta, mi ha riempito le scarpe e le tasche, ma nelle mani non è mai rimasta.


Se anche stanotte non riesco a dormire, comincio a dare testate al frigo finché non svengo. Ora pure farnetico di sassi e sabbia, domani cosa toccherà?

martedì 17 novembre 2015

Il mondo fa paura

Ehi tu,
uomo che cammini per le strade
dove trovi il coraggio
di addentrarti nel mondo?
Come fai a lasciare la tua casa
durante il giorno
e soprattutto durante la notte,
quando le vie sono buie
quando non sai 
chi può venirti incontro,
chi può attaccarti alle spalle?
Guardi anche tu diffidente
le persone che incontrano il tuo cammino?
Ti volti mai a guardare il tuo percorso,
scrutando ogni angolo,
con la paura
di vedere qualcuno che ti segue?
Alzi mai gli occhi sulla gente,
incrociando il loro sguardo alla ricerca
di un'intenzione maligna?

E tu,
che te ne stai rinchiuso in quattro mura
tu che pensi che se ti metti un lenzuolo sul capo
sei al sicuro
che nessuno potrà farti male
nella tua casa,
chi ti dà questa certezza?
Da dove ti viene questa convinzione
che la tua casa sia un rifugio?
Non pensi 
di essere in pericolo
a casa quanto nella strada?
Non pensi che un uomo,
certamente malato,
possa far saltare un ordigno
proprio nel tuo isolato,
proprio sotto casa tua?
E allora perché non esci?
Perché ti lasci fare prigioniero
in un buco,
nella tua paura,
nella psicosi di cui tutto il mondo è
vittima?


Ormai non siamo al sicuro in nessun luogo, nessuno può garantirci la sicurezza di cui tanto abbiamo bisogno, le rassicurazione di cui necessitiamo per stare tranquilli, per vivere serene, per tirare un sospiro di sollievo.
Il mondo è impazzito, non si sa più cosa aspettarsi domani, non sappiamo nemmeno se un domani ci sarà. Siamo vittime delle circostante, esseri passivi il cui giorno successivo dipende dal capriccio di alcuni folli che ultimamente dettano legge. La nostra esistenza è sul filo del rasoio, basta un niente a farla cessare, in qualsiasi momento essa può sfuggirci tra le mani.
Viviamo nella paura, una paura instillataci dalla follia del genere umano e che non riusciamo a scrollarci di dosso, sono stati bravi quando l'hanno calata su di noi la sera del 13 novembre. Passiamo il tempo a chiederci: I prossimi chi saranno? Quando toccherà a noi?
Proprio perché così incerto il nostro futuro, dovremmo continuare la nostra vita come sempre, come un giorno qualunque di un mese qualunque, non dobbiamo lasciarci sopraffare dal terrore e rinchiuderci in una scatola. Non deve prevalere neanche l'odio, sono ALCUNE PERSONE quelle che attentano alla nostra sopravvivenza, non tutta una popolazione.
Qua non si scherza, c'è da preoccuparsi: siamo sulla soglia di una Terza Guerra Mondiale. E quello che mi fa più orrore è che questa guerra è pure acclamata da certi individui, altri pazzi.
Spero che il mondo si riprenda, che la società rinsavisca, altrimenti ci annienteremo a vicenda, e non resterà più niente e nessuno.

giovedì 12 novembre 2015

La nebbia

La nebbia ricopre da giorni la città, a volte è così fitta che non vedi 5 m di distanza, come ieri sera, ma anche stanotte non è male.
Attraversandola senti come una sensazione di bagnato sulla pelle, il viso si imperla dolcemente di acqua. Attraversandola, hai l'impressione di varcare una soglia scosciuta, oltre la quale non sai cosa trovi, cosa ti aspetta, dove finirai.
Ogni tanto sarebbe bello poter sparire nella nebbia, diventare impalpabile, una lontana memoria di cui si dubita la veridicità.

domenica 8 novembre 2015

cip cip fa l'uccellino

Sono le 3 di notte e ho già iniziato tre post diversi per poi chiuderli, insoddisfatta di quello che stavo producendo. Sono le 3 di notte e ogni tanto sento degli uccellini cinguettare: che invidia.
Vorrei essere un uccello, una rondine forse, così elegante e bella, e librarmi nel cielo, libera. Mi ricordo che anni fa avevo fatto un tema proprio sulla libertà, se non erro, e io ero finita a portare come esempio i gabbiani che volano sopra il mare; la mia prof ha stroncato la mia idilliaca immagine dicendo che i gabbiani non volano in quanto lo vogliono, bensì perché è l'unico modo che hanno per nutrirsi, la caccia, e dunque non è libero arbitrio il loro, ma mero istinto di sopravvivenza. Che mazzata ho ricevuto quel giorno, l'ho odiata.
È insito nell'uomo guardare il cielo vedendo l'infinito e sognare di avere due enormi ali sulla schiena per poterlo solcare, varcarlo. Vediamo l'azzurro, tanto tanto azzurro, e vorremmo sfiorarlo, perché è immenso, senza fine; perché sfiorare l'irraggiungibile è come essere in grado di ottenere l'impossibile. Tutto quello spazio sconfinato ci dà l'idea di poterci muovere come vogliamo, di fare quello che più desideriamo, di essere scevri da costrizioni, obblighi, doveri, leggi e altre persone. Siamo noi e solo noi, nessun altro, nient'altro.
Io però non penso solo a questa libertà, io voglio essere una rondine e spalancare le ali al massimo della loro larghezza, sollevarmi dal ramo più alto di un albero e puntare dritta al sole. Volare ad una quota tale da vedere tutto quello che sta sulla Terra come piccoli puntini indistinguibili. Vorrei osservare il mondo dall'alto, essere solo una spettatrice indifferente di tutte le cose orrende che accadono, tutte le cose che odio non mi riguarderebbero più. Vorrei prendere le distanze da tutto e tutti con un semplice battito d'ali e andarmene. Voglio scappare via da ciò che non mi piace e che non posso cambiare, quello che mi fa male, volare dove niente può raggiungermi, dove niente può toccarmi; volare ove non posso essere ferita. Se fossi una rondine, la notte volgerei lo sguardo al cielo stellato sperando un giorno di volteggiare tra le stelle luminose e mi sfiancherei nel provare a farlo.
Ma non sono una rondine e non ho le ali, sono solo un essere umano come tanti altri, con due gambe. Mi limito a sognare l'irrealizzabile e a vivere camminando per il mondo, l'azzurro ce l'ho negli occhi ed essi sono spesso rivolti verso l'alto, soprattutto nelle notti prive di nuvole, incantati dalla meraviglia che possono solo osservare da lontano.